TRATTATI E LISTE SELETTIVE PER “INCENTIVARE” LA VOLUNTARY BIS

La nuova fase di Voluntary Disclosure – introdotta dal Decreto fiscale 193/2016, recepita nella legge di bilancio e attiva fino al 31 luglio 2017 – ha avuto negli ultimi giorni il contributo di due rumorosi segnali, indirizzati a quei contribuenti che non hanno aderito alla fase del 2015 e che hanno patrimoni ancora nascosti all’estero.

Il 3 marzo l’Agenzia delle entrate formalizzava le procedure per le liste selettive dei contribuenti che hanno spostato la residenza all’estero negli ultimi sette anni. Nello stesso giorno, la Gazzetta Ufficiale sanciva l’entrata in vigore del trattato con il Principato di Monaco. Considerando la stima di Banca d’Italia di almeno 180 miliardi da regolarizzare, la nuova campagna di emersione volontaria partirebbe da presupposti non meno “promettenti” della prima.

Ma come nella prima finestra i patrimoni liquidi, appunto, sembrerebbero destinati a non emergere, sia per la procedura richiesta – apertura delle cassette con assistenza di notaio verbalizzante – sia per le conseguenze fiscali che prevedono la spalmatura d’ufficio del valore emerso sulle dichiarazioni dei cinque anni precedenti, con rettifica del calcolo delle imposte. Da considerare, inoltre, la presunzione relativa alla formazione e al deposito vincolato presso un intermediario finanziario.

Tanta necessità d’intervento verrebbe anche dalla sensazione che i patrimoni più grossi sarebbero tuttora occultati da processi di vera e propria ingegneria fiscale, caratterizzata da architetture complesse e rimbalzi in paradisi “black list”. Pensare di intervenire su questi pone poi l’obbligo di analisi complicate rispetto alla normativa antiriciclaggio.

Una situazione difficile da inquadrare, con l’unica certezza del pressing convinto del Fisco.

Sulla scorta della notevole esperienza maturata nell’ambito specifico, sia i professionisti del team STS che il network di riferimento, sono a disposizione per qualsiasi approfondimento e valutazione.