SMART WORKING E CONFIGURAZIONE STABILE ORGANIZZAZIONE: I RISCHI

La diffusione della pandemia ha comportato un cambiamento dei modelli di business.

Avendo numerose imprese concesso la possibilità ai dipendenti di svolgere le proprie prestazioni lavorative in smart working, risulta necessario analizzare i riflessi che tali scelte possono avere in tema di stabile organizzazione.

Con riferimento al rapporto tra stabile organizzazione e smart working l’Agenzia delle entrate ha espresso la propria posizione nella circolare n. 33/E/2020, richiamata anche nella risposta all’interpello n. 596 del 16 settembre 2021.

Nell’ambito di tale disamina l’Amministrazione finanziaria si sofferma anche sulla possibilità di configurazione di una stabile organizzazione ogniqualvolta il lavoratore dipendente di un’impresa estera si stabilizzi in Italia per svolgere le proprie mansioni da remoto.

Più nel dettaglio, detta circolare precisa che in presenza di tutti i requisiti previsti dall’art. 16 D.lgs. n. 147/2015 (agevolazioni dei lavoratori impatriati): «possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti)».

Con specifico riferimento alla tematica della stabile organizzazione l’Ufficio afferma che nel caso di lavoratore impatriato ben si «potrebbe configurare una stabile organizzazione nel territorio dello Stato del datore di lavoro non residente, ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa dall’Italia, ove esistente, o ai sensi dell’art. 162 del T.U.I.R.» e «in tal caso, il regime in commento non si estende al reddito d’impresa imputabile al datore di lavoro estero, che sarà, pertanto, assoggettato a tassazione ordinaria».

In considerazione del sempre maggiore utilizzo dello svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei dipendenti in modalità smart working, agevolato dal progressivo affermarsi del fenomeno della digitalizzazione delle imprese, risulta necessario che le imprese procedano ad una valutazione complessiva di tutti i rischi connessi anche alla possibile configurazione di una stabile organizzazione di un’impresa estera sul territorio italiano.

Dall’analisi dell’orientamento espresso dall’OCSE, all’interno del Commentario e dei documenti Secretariat Analysis of Tax Treaties and the Impact of the COVID-19 nonché Updated guidance on tax treaties and the impact of the COVID-19 crisis, emergono considerazioni specifiche in merito alla possibile configurazione della stabile organizzazione nei casi di svolgimento dell’attività lavorativa in modalità smart working. A differenza di quanto espresso dall’Amministrazione finanziaria, l’orientamento dell’OCSE limita la fattispecie ai soli casi in cui vi sia anche un’espressa volontà dell’impresa di far utilizzare al proprio dipendente quella postazione per svolgere l’attività.

Tali considerazioni dovranno quindi essere coordinate con gli orientamenti espressi dall’Agenzia delle entrate all’interno delle circolari e delle risposte agli interpelli citati, che fanno intuire la possibile configurazione di stabili organizzazioni per tutti i dipendenti di società estere che svolgono la propria prestazione lavorativa in Italia in modalità da remoto.