LE IMPOSTE SU INTERESSI E PREMI ESTERI PAGATE DAL 2019 DA RICHIEDERE A RIMBORSO

La sentenza della Cassazione n. 25698 del 1° settembre 2022 apre la strada alle richieste di rimborso delle imposte pagate in Italia relativamente ai dividendi esteri e agli altri redditi di capitale esteri soggetti a imposizione sostitutiva obbligatoria in Italia. Infatti, la sentenza riconosce il credito di imposta sui dividendi esteri assoggettati in Italia a imposizione sostitutiva «non facoltativa» mediante ritenuta a titolo d’imposta ai sensi dell’articolo 27, comma 4, del Dpr 600/1973, o con imposta sostitutiva ex articolo 18, comma 1, del Dpr 917/1986.

Molti contribuenti, infatti, conformandosi alla prassi dell’agenzia delle Entrate hanno finora subito una doppia imposizione, solo in parte mitigata dalla ritenuta sul «netto frontiera» per i dividendi esteri ricevuti (articolo 27, commi 4 e 4-bis, del Dpr 600/1973).

Nella sentenza 25698/22, la Cassazione dà atto che la maggior parte dei Trattati contro le doppie imposizioni stipulati dall’Italia, se da un lato prevedono agli articoli 23 o 24 la possibilità di dedurre dalle imposte di cui all’articolo 2 l’imposta sul reddito pagata nello Stato estero, dall’altro stabiliscono che «nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento di reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana», dovendone concludere che il credito d’imposta deve essere riconosciuto ove l’imposizione sostitutiva sia l’unico regime ammesso.

Detta conclusione non dovrebbe però ritenersi confinata ai dividendi da partecipazioni non qualificate e, a decorrere dal 2018, anche da quelle qualificate, sempre al di fuori dell’esercizio di impresa, potendosi applicare a tutti gli altri redditi di capitale di fonte estera assoggettati ad imposizione sostitutiva obbligatoria quali, ad esempio, gli interessi, i premi e gli altri frutti derivanti da obbligazioni e titoli similari esteri che, secondo l’articolo 4, comma 2, del Dlgs 239/1996, non possono fruire dell’imposizione ordinaria (circolare 9/E/2015). In tali casi, infatti, secondo l’Agenzia, il contribuente è tenuto ad autoliquidare l’imposta sostitutiva in sede di dichiarazione dei redditi.

È quindi utile che i soggetti interessati individuino i maggiori versamenti da chiedere a rimborso, tenendo conto che l’articolo 38 del Dpr 602/1973 prevede un termine di decadenza di 48 mesi dal versamento. In merito, utili riferimenti possono trarsi dalla giurisprudenza della Cassazione secondo cui il termine di decadenza decorre dalla data del versamento e non da quella in cui è intervenuta una successiva pronuncia che ne ha sancito la non legittimità. Mutuando tale interpretazione, le istanze di rimborso potrebbero interessare almeno tutti i maggiori versamenti effettuati a decorrere dal 2019.